La classificazione doganale delle “Parti” – Dott.ssa Lucilla Raffetto (desde Italia)

0
99

Premessa

Ai fini della classificazione doganale, per poter qualificare un prodotto come “parte” di un bene principale, occorre che esso risulti indispensabile per il suo funzionamento; in caso contrario, il prodotto deve essere classificato con la sua voce doganale.

Tale principio di diritto è stato espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza 6 febbraio 2023, n. 3532.

Con un avviso di rettifica, l’Agenzia delle dogane ha preteso, nei confronti di una società italiana, i maggiori diritti derivanti dall’erronea classificazione doganale delle videocamere, nonché dei relativi accessori, dalla stessa importati e dichiarati con un’unica voce doganale.

L’Ufficio, in particolare, ha ritenuto che, nel caso di specie, non sussistessero i presupposti per poter considerare gli accessori quali “parti” delle videocamere importate, dovendo essere loro attribuita una diversa sottovoce doganale.

I giudici di legittimità, nell’affermare la fondatezza della pretesa erariale, hanno espresso importanti principi interpretativi in ordine alla classificazione dei prodotti serventi un bene principale.

La classificazione doganale delle merci

Com’è noto, l’identificazione della corretta voce tariffaria di un bene è demandata alla responsabilità dei singoli operatori, consentendo loro di conoscerne il trattamento daziario e le disposizioni unionali applicabili, in modo da circoscrivere il rischio di incorrere in eventuali irregolarità e nelle correlate sanzioni.

Al riguardo, la Corte di Giustizia ha più volte ribadito[1] che la classificazione doganale di un prodotto deve essere effettuata, in via generale, sulla base delle sue caratteristiche e proprietà oggettive, come definite dal tenore letterale delle voci della Nomenclatura Combinata e delle corrispondenti note premesse alle sezioni o ai capitoli[2], tenendo conto della sua destinazione d’uso finale[3] e della funzione principale da esso assolta.

La classificazione doganale delle merci della Nomenclatura Combinata deve avvenire in conformità alle sei “Regole generali di interpretazione della nomenclatura combinata[4]”; ulteriori strumenti utilizzabili, infine, sono le Note Esplicative del Sistema Armonizzato emanate dal WTO, le Note Esplicative della Nomenclatura Combinata emanate dalla Commissione europea con la Comunicazione 2019/C 119/01, le Note complementari alla Taric, i c.d. “Regolamenti di classificazione”, nonché le sentenze emesse dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea.

La nozione di “parti” nell’interpretazione giurisprudenziale

Nel silenzio del legislatore, la Corte di Giustizia è intervenuta sulla portata interpretativa delle nozioni di “parti” e “accessori”: mentre le prime implicano la presenza di un insieme per il cui funzionamento esse risultano indispensabili, i secondi consistono in elementi di attrezzatura interscambiabili[5].

Sulla scia di tale precedente interpretativo, la Corte di Giustizia è recentemente tornata a pronunciarsi in materia con la sentenza 9 marzo 2023, C-725/2021, avente a oggetto la riconducibilità o meno di beni consistenti in reti per la realizzazione di tasche da fissare su sedili per autoveicoli alla nozione di “parti” di sedili.

Al riguardo, i giudici europei hanno chiarito che “per poter qualificare un articolo come “parte”, […], non basta dimostrare che senza tale articolo la macchina o l’apparecchio non è in grado di rispondere ai bisogni cui è destinato. Occorre altresì dimostrare che il funzionamento meccanico o elettrico della macchina o dell’apparecchio di cui trattasi è condizionato da detto articolo”.

La possibilità di considerare un bene come “parte”, pertanto, risulterebbe subordinata al fatto che esso assolva ad una funzione strutturale e condizioni il funzionamento del prodotto principale.

I giudici unionali, di conseguenza, in applicazione di tale criterio, hanno escluso che le reti in oggetto potessero essere qualificate come parti dei sedili, dal momento che questi mantengono inalterate le loro funzioni principali anche se privati delle stesse.

Analogamente, la Corte di Cassazione, con la sentenza 15 ottobre 2019, n. 25966, aveva affermato il principio di diritto secondo cui “in base alla c.d. “nomenclatura combinata” un prodotto è da classificare nella voce doganale o sottovoce doganale di un altro prodotto soltanto se ne costituisce “parte” – e, dunque, per il cui funzionamento sia indispensabile – ovvero “accessorio” – e, dunque tale da renderlo atto a un particolare lavoro o da conferirgli possibilità supplementari o ancora da metterlo in grado di assicurare un servizio particolare in relazione alla sua funzione principale”.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha evidenziato che per poter classificare un macchinario e le rispettive “parti” o “accessori” alla medesima voce o sottovoce doganale, è necessario che tra i beni in questione sussista un rapporto di dipendenza funzionale, non costituendo a tal fine un fattore decisivo la destinazione esclusiva del bene a un particolare modello di macchina o impianto.

La sentenza 6 febbraio 2023, n. 3532 si inserisce, quindi, a pieno titolo in un filone interpretativo già tracciato dalla giurisprudenza, sia unionale che di legittimità.

Con riferimento alla possibilità di qualificare gli accessori importati come parti delle videocamere, infatti, la Suprema Corte ha ribadito la necessità di valutare se essi siano indispensabili e condizionino, sul piano meccanico o elettrico, il funzionamento degli apparecchi digitali medesimi.

I giudici di legittimità, valorizzando tale principio, hanno escluso che gli articoli per videocamere importati, sebbene destinati a quest’ultime, fossero indispensabili per il loro funzionamento e, di conseguenza, potessero essere classificati alla voce doganale delle parti; in assenza di una specifica sottovoce per i predetti beni, hanno loro attribuito il codice tariffario del materiale conferente agli stessi il carattere essenziale (la plastica), come previsto dalla Regola generale per l’interpretazione della NC n. 3 b)[6].

La corretta classificazione doganale dei componenti ai fini della disciplina Dual Use

La classificazione doganale di un prodotto come parte o come bene autonomo riveste fondamentale importanza anche all’esportazione, al fine di individuare la corretta regola di origine e l’applicabilità o meno della normativa Dual Use di cui al Reg. UE n. 2021/821.

Tale Regolamento, con il quale è stato istituito un regime di controllo delle esportazioni, dell’intermediazione, dell’assistenza tecnica, del transito e del trasferimento dei prodotti a duplice uso, impone agli operatori di verificare che i beni commercializzati non siano sottoposti a misure restrittive. L’esportazione dei beni dual use[7] listati in Allegato I, infatti, è subordinata al rilascio di un’autorizzazione da parte dell’UAMA[8].

A tale scopo, è necessario e preliminare analizzare le caratteristiche tecniche del prodotto e la loro potenziale rispondenza a quelle individuate nell’Allegato I, consultando le note della Taric e individuando il codice duale corrispondente.

In un’ottica atielusiva, tuttavia, le Note Generali dell’Allegato I al Reg. UE n. 2021/821 prevedono che debbano essere sottoposti ad autorizzazione per l’esportazione anche beni non listati, qualora in tali beni siano contenuti componenti – specificati nell’elenco – che ne costituiscano l’elemento principale[9] e da questi possano essere facilmente rimossi per altre utilizzazioni.

La nota in esame prevede, in particolare, che il controllo sull’applicabilità della normativa Dual Use debba essere condotto sia in relazione al prodotto finito che ai rispettivi componenti, compresi i ricambi e gli eventuali software; in tal modo, si è cercato di evitare che beni listati nell’Allegato I vengano esportati senza autorizzazione, poiché incorporati in un prodotto complesso non listato.

Ne deriva, pertanto, che anche i singoli componenti debbano essere autonomamente e correttamente classificati.

In ogni caso, qualora dovessero emergere dei dubbi sulla corretta classificazione doganale, al fine di

scongiurare recuperi daziari e irrogazione di sanzioni, nonché di incorrere in gravi violazioni di natura penale, sarà opportuno chiedere il rilascio di un’Informazione Tariffaria Vincolante (ITV) da parte dell’Agenzia delle Dogane, Area Centrale.

Dott.ssa Lucilla Raffetto

julio 2.023


[1] Corte Giust., 26 settembre 2000, C-42/99, Eru Portuguesa, punto 13; Corte Giust., 5 marzo 2015, C-178/14, Vario Tek, punto 21; Corte Giust., 25 febbraio 2016, C-143/15, G.E. Security, punto 44; Corte Giuts., 15 maggio 2019, C-306/18, Korado, punto 36; Corte Giust., 30 aprile 2020, C-810/18, DHL Logistics (Slovakia) spol. s r.o., punto 25.

[2] La Regola generale per l’interpretazione della NC n. 1, in particolare, prevede che “la classificazione delle merci è determinata legalmente dal testo delle voci, da quello delle note premesse alle sezioni o ai capitoli, e, occorrendo, dalla regole che seguono, purché non contrastino con il testo di dette voci e note”.

[3] Ex plurimis, Corte Giust., 2 maggio 2019, C-268/18, Onlineshop, punto 29.

[4] Contenute nell’Allegato I al Reg. CEE n. 2658/87.

[5] In tal senso, v. Corte Giust., 7 febbraio 2002, C-276/00, Turbon International GmbH.

[6] Tale Regola stabilisce che “i prodotti misti, i lavori composti di materie differenti o costituiti dall’assemblaggio di oggetti differenti e le merci presentate in assortimenti condizionati per la vendita al minuto, la cui classificazione non può essere effettuata in applicazione della regola 3 a), sono classificati, quando è possibile operare questa determinazione, secondo la materia o l’oggetto che conferisce agli stessi il loro carattere essenziale”.

[7] Ossia dei “prodotti, inclusi il software e le tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile sia militare e comprendono i prodotti che possono essere impiegati per la progettazione, lo sviluppo, la produzione o l’uso di armi nucleari, chimiche o biologiche o dei loro vettori, compresi tutti i prodotti che possono avere sia un utilizzo non esplosivo sia un qualsiasi impiego nella fabbricazione di armi nucleari o di altri ordigni esplosivi nucleari”.

[8] Sotto il profilo sanzionatorio, l’art. 18, d.lgs. 221 del 2017, punisce l’esportazione dei prodotti dual use non listati senza la relativa autorizzazione, ovvero con autorizzazione ottenuta fornendo dichiarazioni false, con la reclusione da 2 a 6 anni o con la multa da 25.000 a 250.000 euro.

[9] Per giudicare se i componenti specificati nell’elenco di cui all’Allegato I devono essere considerati l’elemento principale occorre tener conto della loro quantità, del loro valore e del loro contenuto tecnologico, nonché di altre circostanze particolari che potrebbero far individuare tali componenti come l’elemento principale dei beni in esportazione.