Il concetto di obbligazione tra il diritto privato ed il diritto tributario: Sistemi giuridici a confronto – Abs. Ciro Maria Ruocco y Francesco Paolo Schiavone (desde Italia)

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Sommario. Sezione I: 1. Inquadramento dell’obbligazione civilistica: la definizione strutturale e la definizione funzionale; 1.2. La funzione poliedrica del rapporto obbligatorio; 2. Fonti dell’obbligazione civilistica: l’evoluzione storica; 2.1 La natura e gli elementi del rapporto obbligatorio – il concetto di obbligazione civilistica; 3. Il sistema complesso delle cause di estinzione: le classificazioni.

Sezione II: 1. L’autonomia del diritto tributario all’interno del sistema giuridico italiano; 2. L’interpretazione della norma tributaria ed i punti di contatto con la disciplina civilistica; 3. Nascita ed elementi essenziali dell’obbligazione tributaria; 4. L’estinzione dell’obbligazione tributaria.

Premessa

L’obiettivo del presente elaborato è quello di mettere in evidenza i punti di contatto e di differenziazione della disciplina privatistica e fiscale in relazione all’istituto dell’obbligazione.

Attualmente il nostro ordinamento giuridico predilige un’impostazione metodologica volta alla multidisciplinarietà ed allo studio degli elementi sovranazionali al fine di meglio comprendere le questioni normative di settore.

Nella prima parte passeremo in rassegna gli aspetti preponderanti del rapporto obbligatorio all’interno del sistema privatistico, ponendo l’attenzione sia sugli elementi teorici sia su quelli applicativi.

Nella seconda sezione invece affronteremo il tema relativo agli aspetti maggiormente caratterizzanti del cd. rapporto giuridico di imposta, soffermandoci inizialmente sui principi costituzionali di riferimento e la struttura complessiva del diritto finanziario, potendo in seconda battuta meglio addentrarci nei dettami caratteristici dell’obbligazione tributaria.

1. Inquadramento dell’obbligazione civilistica: la definizione strutturale e la definizione funzionale

Il codice civile del 1942, sulle orme di quello del 1865, non definisce apertamente il concetto di obbligazione civile, ma l’art. 1174 c.c. fornisce una configurazione pratica del rapporto obbligatorio, concentrandosi sul concetto di prestazione, patrimonialità e corrispondenza a un interesse anche non patrimoniale del creditore. Questa scelta ha portato la dottrina verso la ricerca di riferimenti normativi al di fuori della legislazione nazionale fino a risalire alla definizione di Giustiniano nelle Institutiones che qualifica l’obbligazione come vincolo giuridico (obligatio est iuris vinculum), in forza del quale un soggetto è tenuto ad adempiere una prestazione a vantaggio di un altro[1]. Tra i giuristi romani anche Paolo si occupa del rapporto obbligatorio, soprattutto nella distinzione dal rapporto reale, affermando che l’essenza dell’obbligazione sia nel vincolare qualcuno a dare, fare o garantire qualcosa. Dal punto di vista processuale è Gaio che chiarisce come sia l’actio in personam quella con la quale si agisce contro colui che è obbligato da contratto o da delitto. Dalle fonti romanistiche citate emergono i due elementi essenziali dell’obbligazione di diritto civile romano, ovvero il vincolo di comportamento da parte del debitore e la sua responsabilità se non ha correttamente eseguito la prestazione[2].

L’approccio dei giuristi romani all’istituto è strutturale: l’obbligazione è un vincolo giuridico, in forza del quale un soggetto (debitore) è tenuto ad una determinata prestazione patrimoniale per soddisfare l’interesse di un altro soggetto (creditore). Invece, la dottrina moderna non si accontenta più dell’approccio strutturale[3] cercando una definizione di obbligazione anche in prospettiva funzionale, cioè che si basi sulla funzione assolta dal rapporto obbligatorio. Questa dottrina si è sviluppata dopo la nascita del codice del 1942 ed è passata attraverso il processo di affrancazione del diritto di credito dal diritto di proprietà.

A giustificazione della scelta del legislatore del 1942 di non definire esplicitamente il concetto di obbligazione, la relazione di accompagnamento al codice civile invocava l’elasticità e la volubilità del concetto di obbligazione, insuscettibile di inquadramento a livello normativo, in quanto connesso  ad un contesto sociale ed economico necessariamente mutevole. Per queste ragioni il compito di definire in maniera statica e rigida il concetto di obbligazione e stato rimesso alla dottrina[4]. Per obbligazione si intende un vincolo giuridico esistente tra almeno due soggetti determinati, in virtù del quale l’uno, creditore, ha il diritto di pretendere dall’altro, debitore, un comportamento consistente in un dare, o in un fare , oppure anche in un non fare, che abbia le caratteristiche di cui all’art. 1174[5].

Il diritto soggettivo nascente del rapporto obbligatorio rientra nella più ampia categoria dei diritti soggettivi relativi o in personam, che si contrappongono ai diritti assoluti o erga omnes, come ad esempio la proprietà, in cui il termine passivo del rapporto è costituito astrattamente da tutti i consociati. Il diritto reale ha in sé un carattere di esclusività: lo ius excludendi omnes alios per cui il diritto reale può essere fatto valere direttamente sul bene erga omnes, senza la collaborazione di altro soggetto. Nell’ambito dei diritti reali esiste una specie di sovranità immediata sulla res, alla quale corrispondono doveri di rispetto da parte di tutti gli altri soggetti, mentre il rapporto obbligatorio, come situazione giuridica si afferma di fronte a tutti, ma il suo contenuto consiste nella pretesa di un soggetto alla prestazione di un altro soggetto, per cui si parla di diritti in personam[6].

1.2. La funzione poliedrica del rapporto obbligatorio

Volendo guardare il rapporto obbligatorio dal punto di vista funzionale, esso ha subito numerosi ed enormi cambiamenti nei secoli XIX e XX. Infatti, il codice civile del 1865, sul modello del codice francese[7] affermava che le obbligazioni fossero uno dei modi di acquisto della proprietà, escludendo che esse avessero autonoma rilevanza. Dal contesto economico dell’epoca si evince che la proprietà era considerata l’unica fonte di ricchezza ed intorno ad essa ruotava il diritto civile[8].

Invece, il codice del 1942 riconosce grande importanza alle obbligazioni dedicando ad esse l’intero IV libro (quasi mille articoli), a dimostrazione della rilevanza che in meno di un secolo esse avevano assunto. Il rapporto obbligatorio diventa nel XX secolo il paradigma di tutte le relazioni intersoggettive e sul piano economico assume rilevanza centrale nell’ambito della circolazione della ricchezza. Alle obbligazioni il codice del 1942 attribuisce una funzione pluriforme e ciò si evince dalla pluralità delle fonti di cui all’art. 1173 c.c.[9]

Il rapporto è dunque, sotto il profilo funzionale, regolamento, disciplina di opposti o collegati centri di interessi, al fine della composizione di questi ultimi. Il rapporto è regolamento di interessi nella loro sintesi: è la normativa che costituisce il contemperamento delle situazioni soggettive. Esso si presenta come l’ordinamento del caso concreto; infatti, non è casuale la definizione dell’ordinamento come sistema di rapporti. Il rapporto, in quanto regolamento, è un insieme di clausole ed il profilo normativo confluisce in quello funzionale[10].

In primo luogo il rapporto obbligatorio assolve una funzione di scambio richiamata dal riferimento dell’art. 1173 c.c. al contratto. Del resto, lo stesso art. 1321 c.c. nella definizione di contratto contiene un implicito riferimento all’art. 1174 c.c. ponendo come oggetto dell’accordo negoziale il rapporto giuridico patrimoniale[11].

In secondo luogo l’obbligazione ha una funzione di tutela nei confronti di colui che abbia patito un danno ingiusto in conseguenza di un illecito ai sensi dell’art. 2043 c.c. In  questo contesto l’obbligazione assume valore riparatorio e ripristinatorio della sfera giuridica del danneggiato. Al riguardo, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nel pronunciarsi in ordine all’ammissibilità della categoria di matrice anglosassone dei danni punitivi hanno sancito nel nostro ordinamento il principio per il quale alla responsabilità civile non è assegnato soltanto il compito di restaurare la sfera giuridica patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, ma sono interne al sistema della responsabilità civile anche la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria[12]. Tuttavia, poiché vige la riserva di legge[13] in sede di imposizione di nuove prestazioni patrimoniali, possono essere riconosciute solo le sentenze straniere che applichino gli exemplary damages a patto che la statuizione giudiziale straniera sia basata su una legge che tipizzi gli illeciti, fissi i criteri di commisurazione ed eviti misure grossly excessive.

Fino a poco tempo fa si riteneva che nel vigente ordinamento, il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non fosse riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive – restando estranea al sistema l’idea della punizione e della sanzione del responsabile civile ed indifferente la valutazione a tal fine della sua condotta – ma in relazione all’effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso, non essendo previsto l’arricchimento, in caso di mancata sussistenza di una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto all’altro. Pertanto, si reputava incompatibile con l’ordinamento italiano l’istituto dei danni punitivi[14]. Invece, a partire dalla sentenza del 2017 n. 16601, la figura dei punitive damages è stata ritenuta ammissibile almeno come riconoscimento delle sentenze emanate all’estero in presenza di alcuni temperamenti. Infatti, in tema di riconoscimento dell’efficacia di un provvedimento giurisdizionale straniero, la compatibilità con l’ordine pubblico, ai sensi dell’art. 64, comma 1, lett. g), della l. n. 218 del 1995, deve essere valutata non solo alla stregua dei princìpi fondamentali della Costituzione e di quelli consacrati nelle fonti internazionali e sovranazionali, ma anche del modo in cui detti princìpi si sono incarnati nella disciplina ordinaria dei singoli istituti e dell’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria, la cui opera di sintesi e ricomposizione dà forma a quel diritto vivente, dal quale non può prescindersi nella ricostruzione della nozione di ordine pubblico, quale insieme dei valori fondanti dell’ordinamento in un determinato momento storico[15].

Altra funzione del rapporto obbligatorio è quella indennitaria o di riequilibrio, riscontrabile quando una lesione al patrimonio consegue a un fatto dannoso, ma lecito[16]. In questo caso l’ordinamento ritiene prevalente altre esigenze rispetto alla salvaguardia dell’integrità dell’altrui sfera patrimoniale. Il danno sofferto viene compensato attraverso un indennizzo che ha funzione di riequilibrare lo squilibrio creatosi a causa del fatto dannoso legittimato dall’ordinamento.

Infine abbiamo la funzione restitutoria dell’obbligazione che si evince dagli istituti dell’indebito oggettivo[17] (art. 2033 c.c.) e dell’arricchimento ingiustificato[18] (art. 2041 c.c.) in ordine a spostamenti patrimoniali avvenuti in mancanza di qualsiasi titolo giustificativo[19].

2. Fonti dell’obbligazione civilistica: l’evoluzione storica

La funzione del rapporto obbligatorio va ravvisata non tanto nel contenuto della prestazione o nel tipo dell’obbligazione, ma nell’individuazione del titolo dell’obbligazione e della sua incidenza sulla disciplina. Quando muta la funzione del rapporto muta lo stesso rapporto che si nova in un altro: ad esempio nell’ipotesi di locazione di un’abitazione nasce l’obbligazione pecuniaria di pagamento del canone che consiste nella relazione esistente tra la situazione del conduttore e quella del locatore; tuttavia, se il proprietario vende l’appartamento al suo inquilino, stabilendo che una parte del prezzo sia versata subito e una parte a rate mensili dello stesso ammontare del precedente canone, mentre i centri di interesse rimangono gli stessi ciò che muta è il titolo dell’obbligazione, poiché la somma prima dovuta a titolo di canone è dovuta successivamente a titolo di prezzo[20].

Emerge allora l’importanza della distinzione tra la fonte ed il titolo del rapporto. Mentre la fonte è il fatto causativo, il titolo è la causa che giustifica e caratterizza il rapporto. Inoltre, mentre la fonte del rapporto si riferisce prevalentemente alla fattispecie in quanto struttura, il titolo ha una sua autonomia rispetto alla fattispecie pur costituendone la ragione[21].

Al fine di chiarire la portata dell’art. 1173 c.c., che disciplina le fonti delle obbligazioni è necessario un excursus storico che ne richiami brevemente l’evoluzione.

Per lungo tempo il diritto romano è stato caratterizzato da una bipartizione delle fonti identificabili negli atti illeciti (già la legge delle XII tavole sanciva che nei casi meno gravi la legge del taglione fosse sostituita dal pagamento di una somma di denaro) e nei contratti (in età arcaica già si avevano alcune forme di contratto in forma orale), ma nell’epoca postclassica anche i giuristi romani si iniziarono a rendere conto dell’esistenza di altre tipologie di fonti non riconducibili né ai contratti né ai fatti illeciti. Gaio aggiunge infatti a queste due categorie una terza di tipo residuale (variae causarum figurae), comprensiva di tutti i fatti produttivi di obbligazioni diversi dal contratto e dal delitto. Nelle Institutiones, invece, alle categorie del contratto e del delitto vengono aggiunte le due nuove categorie dei quasi-contratti e dei quasi-delitti[22]. Questa impostazione viene recepita dal codice francese che alle quattro categorie aggiunge anche un richiamo alla legge e da esso viene trasfusa nel codice italiano del 1865. Il quasi-contratto veniva definito come “un fatto volontario e lecito dal quale risulta un’obbligazione verso un terzo o un’obbligazione reciproca tra le parti”[23] ed oggi a tale categoria corrispondono i negozi dell’arricchimento ingiustificato e del pagamento dell’indebito. In virtù di un quasi-delitto, invece, “ciascuno è obbligato non solo pel danno che cagiona per fatto proprio, ma anche per quello che viene arrecato col fatto delle persone delle quali deve rispondere o colle cose che ha in custodia”[24].

La pentapartizione del vecchio codice si ispira a un modello di obbligazione che cerca di riportare alla volontà privata tutti i vincoli della libertà individuale[25].

Il vigente codice, nell’elencare le fonti delle obbligazioni, non contiene più alcun riferimento ai quasi-contratti e ai quasi-delitti privilegiando una suddivisione tripartita (sul modello di Gaio): le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico[26]. Oltre alle tradizionali categorie del contratto e del fatto illecito, il codice del 1942 richiama non più la legge, ma il ben più ampio ordinamento giuridico. Questo riferimento nella parte finale dell’art. 1173 c.c. indica che anche atti o fatti non previsti da norme puntuali possono produrre obbligazioni se sono in conformità con l’ordinamento, comprensivo non soltanto della legge ordinaria, ma anche delle norme costituzionali, dei principi e delle clausole generali.

Addirittura, la dottrina più recente[27] ha ammesso la figura del contatto sociale[28], caratterizzato dall’assenza di un iniziale negozio giuridico vincolante per le parti: quando un soggetto nel perseguire uno scopo meritevole di tutela si affida ad un altro soggetto con determinate caratteristiche di professionalità ed esperienza e quest’ultimo spontaneamente esegue l’attività a ciò preordinata, sorge tra le parti un rapporto giuridico obbligatorio che impegna il secondo soggetto a portare a compimento l’attività iniziata seguendo le regole della correttezza, della diligenza e della professionalità necessaria ad evitare la produzione di pregiudizi per il primo soggetto. L’assenza del negozio iniziale esclude l’esistenza di un obbligo primario di prestazione, ma l’aver intrapreso spontaneamente l’esecuzione di questa prestazione fa sorgere in capo al soggetto prestatore lo specifico obbligo di protezione, che gli impone di portare a termine la prestazione intrapresa nel rispetto dei comportamenti degli accorgimenti che, secondo circostanze del caso concreto, siano necessari affinché gli interessi personali e patrimoniali della controparte non vengano lesi.

Al ricorrere di determinate condizioni, cioè la presenza della volontà di uno dei due soggetti, la loro determinatezza, l’esistenza di una causa meritevole di tutela, il carattere anche positivo e non meramente negativo delle obbligazioni sorte, il profilo qualificato del debitore nei confronti di uno specifico bene primario e la consolidata tipicità sociale, un contatto sociale può definirsi qualificato e dare origine ad obbligazioni specifiche e positive, distinte al generale dovere negativo di neminem laedere che ricorre alla presenza di qualsiasi contatto sociale non qualificato[29].

2.1 La natura e gli elementi del rapporto obbligatorio – il concetto di obbligazione civilistica

Si può dire che tre siano gli elementi indefettibili del rapporto obbligatorio: l’elemento soggettivo, l’elemento oggettivo e l’elemento teleologico.

I due soggetti, quello attivo (creditore) e quello passivo (debitore), costituiscono i cardini essenziali per l’esistenza e per la vita dell’obbligazione[30]. Infatti, non esiste pretesa senza un soggetto che la sostenga e non ci può essere pretesa se non c’è un debitore al quale rivolgersi[31]. Non è necessario che i due soggetti siano in modo certo determinati fin dall’inizio del rapporto, ma è sufficiente che siano determinabili[32]. Importante ipotesi prevista dal codice (art. 1989 c.c.) di obbligazione con soggetto determinabile è la promessa al pubblico[33], con cui il promittente si obbliga a compiere una determinata prestazione a favore di chiunque si trovi in una determinata situazione o compia una determinata azione.

L’elemento oggettivo consiste in una prestazione suscettibile di valutazione economica nel senso che essa deve essere economicamente valutabile, poiché l’obbligazione civile per il suo contenuto e per le sanzioni in caso di inadempimento fa chiaramente parte dei rapporti di tipo patrimoniale[34]. Infatti, fuori dal campo patrimoniale ci sono obblighi anche di natura giuridica, ma mai obbligazioni, ad esempio quelli del diritto di famiglia[35].

L’elemento più interessante è senza dubbio quello teleologico per il quale la prestazione deve corrispondere a un interesse anche non patrimoniale del creditore. Egli affinché si abbia una obbligazione può essere portatore di qualsiasi tipo di interesse: religioso, umanitario, scientifico, sentimentale ed ovviamente anche economico. Questo interesse è necessario ai fini dell’esistenza del rapporto; senza di esso mancherebbe la ragione del riconoscimento giuridico, per cui gli scopi cui tende il proprietario pur non essendo considerati dal diritto sono essenziali affinché il rapporto abbia valore giuridico[36].

La natura patrimoniale dell’obbligazione corrisponde al requisito di una sua possibile valutazione economica[37]. Per fare esempi tratti dalla vita quotidiana, se il vicino di casa si impegna a non suonare uno strumento musicale in certe ore del giorno per non disturbare il vicino impegnato nei suoi studi o se una persona cara si impegna formalmente a mandare almeno una lettera a settimana, queste sono obbligazioni civili? E’ senz’altro da escludere che il secondo caso abbia rilevanza giuridica, essendo del tutto fuori dal campo patrimoniale e la prestazione non è economicamente valutabile. Invece, l’ipotesi del suonatore che si impegna a non suonare può avere riflessi patrimoniali se come controprestazione l’altro vicino si sia impegnato a corrispondere ad esempio una somma di denaro. Infatti, il carattere patrimoniale della prestazione si valuta considerando il rapporto nel suo complesso, non essendo necessario che si tratti di una prestazione per sua natura obiettivamente valutabili in denaro, bastando anche un diverso indice di patrimonialità, come un corrispettivo o una penale[38].

3. Il sistema complesso delle cause di estinzione: le classificazioni

Tutti i rapporti obbligatori sono limiti e vincoli alla libertà personale e patrimoniale del debitore e pertanto sono destinati ad estinguersi o attraverso l’adempimento in via fisiologica o attraverso uno scioglimento di tipo patologico. Dal punto di vista normativo il codice del 1942 ha introdotto un sistema di estinzione dell’obbligazione molto più snello rispetto a quello del codice del 1865. Infatti, all’adempimento è dedicato il capo I del Titolo I del libro IV, mentre le altre fattispecie estintive sono contenute negli articoli 1230 c.c. e seguenti.

In particolare, il codice dedica questi articoli soltanto alle vicende immediatamente incidenti sul rapporto obbligatorio (novazione, remissione del debito, compensazione, confusione, impossibilità sopravvenuta della prestazione), mentre sono regolate in altra sede le vicende estintive del rapporto che incidono sulla relativa fonte: annullamento, rescissione, risoluzione[39].

Nel corso del tempo sono state fatte varie classificazioni circa l’estinzione dell’obbligazione. La prima classificazione distingue cause di estinzione fisiologiche e patologiche, appartenendo alla prima categoria l’adempimento[40] in ragione della causa propria dell’obbligazione, cioè il soddisfacimento dell’interesse anche non patrimoniale del creditore.

Una seconda classificazione distingue le cause di estinzione tra satisfattorie e non satisfattorie, rientrando tra le prime tutte quelle che soddisfano l’interesse del creditore, intendendo per interesse del creditore non solo quello originario e sussistente al momento della nascita dell’obbligazione, ma anche l’interesse sopravvenuto all’esito di una successiva rivalutazione dello stesso creditore che si accontenti di una prestazione diversa rispetto a quella convenuta. Tra le cause di estinzione satisfattorie abbiamo senza dubbio l’adempimento, la datio in solutum[41], la compensazione[42] e la confusione[43]. Invece, non satisfattorie sono le cause caratterizzate dalla perdita del credito senza soddisfazione, come l’impossibilità sopravvenuta della prestazione[44] e la remissione del debito[45]. Questa classificazione pone il problema della collocazione della novazione[46]: la risposta dipende dalla nozione di “interesse” accolta dal classificatore[47]. Se per interesse si intende quello specifico, originario al momento della nascita dell’obbligazione, allora la novazione non presenta carattere satisfattorio, in quanto si limita a sostituire l’obbligo iniziale con uno nuovo[48]. Invece, se si dilata la nozione di interesse fino a ricomprendere anche uno equivalente a quello originario e che possa essere soddisfatto anche da un’obbligazione diversa da quella iniziale, allora la novazione rientra nel novero delle forme di estinzione satisfattorie[49].

Una terza classificazione distingue cause meramente liberatorie e cause meramente soddisfattive. Solo nell’adempimento sono riscontrabili entrambe le componenti in quanto l’adempimento sia soddisfa l’interesse del creditore a ottenere la prestazione, sia soddisfa l’interesse del debitore a conseguire la liberazione. Invece, cause di estinzione meramente liberatorie sono il pagamento al creditore apparente[50] o la remissione del debito che soddisfano solo l’interesse del debitore a liberarsi dal vincolo obbligatorio, mentre cause di estinzione meramente satisfattorie sono quelle che realizzano unicamente l’interesse del creditore a essere soddisfatto, come ad esempio l’adempimento del terzo non liberatorio per il debitore[51].

Un’altra distinzione classificatoria distingue le cause adempitive e le cause non adempitive. Tra le prime rientrano l’adempimento, la datio in solutum, la cessione dei beni ai creditori, e l’offerta reale[52] che libera il creditore. Esse sono caratterizzate o da un adempimento in senso stretto o da un suo surrogato perfetto sostanzialmente omogeneo[53].

L’ultima classificazione delle cause di estinzione delle obbligazioni riguarda il profilo processualistico, essendo la distinzione tra cause di estinzione che operano ipso iure e cause che operano ope exceptionis. Le prime vengono verificate d’ufficio dal giudice senza necessità di eccezioni di parte e sono per esempio l’adempimento e l’impossibilità sopravvenuta; le seconde devono essere eccepite in giudizio dalla parte che le vuole far valere e sono ad esempio la compensazione[54].

Sezione II

1. L’autonomia del diritto tributario all’interno del sistema giuridico italiano

Il diritto tributario è definibile come complesso di norme volte a regolare l’acquisizione dei mezzi finanziari necessari allo svolgimento delle funzioni dello Stato e degli altri enti pubblici[55].

Da un punto di vista sistematico la materia fiscale rientra nell’ambito normativo del diritto finanziario, all’interno del più ampio ordinamento giuspubblicistico.

Ciò posto va altresì sottolineata l’esistenza di rilevanti punti di contatto con il diritto amministrativo, che si preoccupa di tratteggiare il particolare rapporto intercorrente tra Stato e cittadino nel perseguimento di fini pubblici[56].

Il carattere poliedrico della materia fiscale e le interrelazioni con i diversi rami del nostro ordinamento giuridico hanno condotto molto spesso ad equivoci in ordine al nomen iuris attribuito a determinate fattispecie tributarie, a causa dell’utilizzo improprio di alcuni istituti mutuati da altre branche del diritto e per alcuni decenni la dottrina tributaria si è trovata spesso divisa nell’analisi inerente all’evoluzione della materia fiscale.

Il dibattito principale che ha investito la letteratura tributaria risale agli anni ’30, ove risultò necessario stabilire se il diritto finanziario ed il diritto tributario potessero essere considerati come branche totalmente autonome e scevre da qualsivoglia rapporto di subordinazione con altri rami dell’ordinamento giuridico italiano[57].

Lo studio della dottrina si concentrò in particolar modo sulle significative ingerenze tra le scienze giuridiche al fine di determinare la sussistenza di un carattere di specialità della disciplina tributaria in un’ottica favorevole alla multidisciplinarietà giuridica. Furono così individuati e classificati quattro tipi di rapporti teleologici tra il diritto tributario ed il diritto privato, quali la ricezione espressa di norme del diritto privato da parte del diritto tributario, il richiamo implicito, la modificazione esplicita e l’applicazione analogica del concetto privatistico[58].

Nel corso dell’evoluzione scientifica si andò delineando una sempre più incisiva affermazione dell’autonomia del diritto tributario, ricusando ogni forma di soggezione rispetto al diritto privato, in ragione della specificità della disciplina fiscale.

Tale affermazione si convertì infatti nella possibilità di attribuire ai concetti ed agli istituti di matrice privatistica un significato diverso da quello assunto nel diritto di provenienza e ciò fu giustificato principalmente dall’esistenza dell’interesse fiscale dello Stato alla riscossione[59].

2. L’interpretazione della norma tributaria ed i punti di contatto con la disciplina civilistica

In ragione di quanto premesso va sottolineato che l’obbligazione rappresenta tuttora un classico esempio di labilità dei confini tra istituti appartenenti a branche differenti dell’ordinamento giuridico. In via preliminare, posta l’autonomia sistematica fiscale e la natura pubblicistica dell’obbligazione, va chiarito se sia possibile ritenere applicabili le norme del codice civile ai rapporti obbligatori di matrice tributaria.

Sul punto attenta dottrina[60] ha osservato che il pieno riconoscimento dell’identità e dell’autonomia sistematica dell’obbligazione tributaria non osta all’applicabilità delle norme del codice civile, laddove la disciplina fiscale da un punto di vista normativo-precettivo risulti incompleta.

Infatti l’esistenza di un diritto comune delle obbligazioni contenuto nelle disposizioni del codice civile, basato su principi generali validi per tutti i rapporti giuridici, rappresenta la chiave di volta della tematica presentata, senza imbattersi in incoerenze giuridiche.

Occorre dunque stabilire come venga concretamente realizzato il ricorso alla disciplina civilistica attraverso i differenti modelli di integrazione normativa.

In chiave applicativa la teoria generale del diritto consente all’interprete di ricorrere all’interpretazione analogica tutte le volte in cui si riscontrino – in assenza di espressa regolamentazione – casistiche normativamente compatibili, ma in materia fiscale va ricordato che tale tecnica interpretativa non sia consentita in relazione alle norme volte ad individuare i presupposti impositivi[61]. Tale divieto è saldamente espresso all’interno dell’art. 23 della Costituzione, ove si consente l’imposizione di prestazioni patrimoniali o personali solo in base alla legge. Vanno però tenute distinte le ipotesi in cui le disposizioni civilistiche regolino le vicende successive al sorgere dell’obbligazione sino alla sua estinzione, non invadendo il campo dei presupposti impositivi. Infatti in tema di integrazione analogica il fondamento normativo risiede all’interno dell’art. 12 delle Preleggi, nello specifico al secondo comma della norma citata[62].

Il dettato normativo in questione dispone che una controversia possa essere decisa attraverso il ricorso a regole disciplinanti casi similari o materie analoghe e qualora il dubbio normativo permanesse si potrà far capo ai principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.

Dal tenore letterale della norma si evince che l’applicazione della disciplina civilistica non solo non sia diretta, ma si configuri come circostanza eventuale e subordinata alla carenza di espresse disposizioni normative.

Nel procedimento di interpretazione analogica possiamo inoltre distinguere due momenti essenziali e successivi: quello dell’analogia legis e quello dell’analogia juris[63]. Il procedimento di analogia legis, contenuto nella proposizione iniziale del comma 2 dell’articolo 12 delle Preleggi, sancisce che in presenza di reali lacune si possa procedere in via preliminare alla ricerca di una disposizione espressa volta a disciplinare una fattispecie analoga a quella considerata.

Laddove tale ricerca risulti infruttuosa l’interprete potrà ricorrere al procedimento di analogia juris, rintracciando nel sistema giuridico norme espressive di principi generali pienamente sovrapponibili alla fattispecie concreta[64].

In virtù di tali riflessioni dunque emerge l’ammissibilità applicativa delle norme privatistiche all’obbligazione tributaria in presenza di lacune in materia fiscale, ove sussistano i requisiti per integrare il procedimento analogico senza violare uno dei principi cardine dell’ordinamento tributario in tema di interpretazione di norme sostanziali.

3. Nascita ed elementi essenziali dell’obbligazione tributaria

Una delle tematiche che ha generato ampio dibattito all’interno della letteratura fiscale è quella avente ad oggetto la nascita dell’obbligazione tributaria e risulta opportuno soffermarsi sui principali orientamenti che si sono contrapposti nel corso degli ultimi anni.

Secondo un primo orientamento cd. dichiarativo il rapporto giuridico di imposta sorge automaticamente al verificarsi del presupposto di fatto del tributo.

Secondo tale impostazione dunque sia la dichiarazione tributaria sia l’avviso di accertamento configurano atti estranei alla nascita dell’obbligazione tributaria, che trova la sua fonte, quindi, esclusivamente nella fattispecie impositiva individuata dalla legge[65].

Secondariamente si evidenzia la cd. teoria costitutiva in virtù della quale l’obbligazione tributaria venga ad esistenza solamente al momento della presentazione della dichiarazione da parte del contribuente ovvero nel momento successivo all’emanazione dell’avviso di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria[66].

Infine secondo recente dottrina, l’attuazione dell’obbligazione tributaria è la risultante di un procedimento amministrativo che, partendo dal configurarsi del presupposto attraverso più fasi, atti, dichiarazione, controllo ed accertamento individua l’ammontare della pretesa tributaria[67].

Tale questione pur non trovando una risposta univoca ha permesso di considerare più aspetti del rapporto giuridico di imposta, evidenziando tuttavia alcuni connotati peculiari che la contraddistinguono dall’obbligazione civilistica.

Si osserva inoltre che in materia tributaria gli elementi essenziali del rapporto obbligatorio[68] sono il presupposto impositivo, la soggettività tributaria, la base imponibile e l’aliquota.

Il presupposto o fattispecie tributaria consiste in atti, fatti e situazioni espressamente previste dalla legge volte ad individuare indici di capacità contributiva e comprendono al loro interno una casistica variegata di situazioni giuridiche[69]. A titolo esemplificativo si può far riferimento all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) il cui presupposto impositivo è individuato all’interno dell’art. 1 del d.p.r. n. 917/1986 ed è qualificato come “possesso di redditi in denaro o natura rientranti nelle categorie dell’art. 6.”

Tale elemento essenziale va posto in relazione con il primo comma dell’art. 53 della Costituzione italiana, che disciplina il principio di capacità contributiva e richiede un effettivo collegamento con le manifestazioni di potenzialità economica, al fine di risultare legittimo costituzionalmente[70].

Il secondo elemento della soggettività tributaria permette di considerare come centri autonomi di imputazione di indici di capacità contributiva anche entità non aventi capacità di diritto privato e si è soliti distinguere la parte attiva da quella passiva del rapporto tributario.

Sul versante attivo si fa riferimento esclusivamente a soggetti che hanno il potere di far valere la pretesa fiscale e pretendere la riscossione dei tributi, addivenendo a tutti gli effetti creditori dell’obbligazione. Essi prendono il nome di enti impositori, in quanto dotati di legittimazione piena in fase di accertamento, controllo e riscossione ed in tal genus annoveriamo lo Stato-amministrazione, le regioni, le province, i comuni.

Si osserva dunque come il potere impositivo sia espressione di una pubblica funzione che mai può porsi al di sopra della disciplina legislativa né essere contrario ai doveri di efficienza, imparzialità e buon andamento dell’Amministrazione finanziaria[71].

Sul versante passivo si considerano soggetti tenuti al pagamento di tributi tutti coloro i quali pongano in essere un presupposto impositivo autonomamente imputabile e pertanto emerge come in ambito fiscale i rapporti giuridici obbligatori intercorrano solo tra un soggetto attivo titolare di un potere impositivo ed uno passivo tenuto a soddisfare la pretesa tributaria.

In tali ipotesi, laddove si verifichino controversie tra le parti, l’ufficio giudiziario munito di giurisdizione sarà proprio il giudice tributario, come sancito all’art. 2 del d.lgs. n. 546/1992, ove si ravvisi dunque una chiara pretesa sostanzialmente impositiva[72].

In dottrina si è osservato come l’unica ipotesi di inversione di tali ruoli all’interno dell’obbligazione tributaria sia ravvisabile nella disciplina del rimborso, ove il contribuente ex art. 2033 del codice civile richieda all’Amministrazione finanziaria la restituzione dell’indebito versamento[73].

Tali considerazioni in ordine ai soggetti coinvolti nell’obbligazione tributaria permettono di introdurre un ulteriore elemento di differenziazione con la disciplina privatistica, quale il principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria.

Infatti tali rapporti obbligatori privano i contribuenti, titolari dei diritti soggettivi in gioco, di una serie di facoltà, quali la rinuncia al credito, il rifiuto, la rimessione, la transazione, la compromissione ed altri istituti di disposizione dell’obbligazione.

La ragione specifica per cui all’interno di tale rapporto giuridico di imposta vengano a mancare tali poteri risiede nella connotazione strettamente pubblicistico-fiscale dell’obbligazione, in quanto la possibilità di disporre volontariamente in termini diversi da quelli di legge determinerebbe una lesione degli interessi della collettività e soprattutto si porrebbe in netta contrapposizione con la discrezionalità vincolata tipica dell’A.F.

Infatti l’Amministrazione pubblica non può sostituirsi al Legislatore nell’esercizio dei poteri-doveri volti a tutelare gli interessi della collettività e ciò risulta chiaramente dalla lettura del combinato disposto degli articoli 2, 3, 53 e 97 della Carta Costituzionale.

Si può pertanto statuire che l’obbligazione tributaria è piena espressione di fonte legale, non richiede una volontà delle parti al fine di instaurare un rapporto giuridico di imposta ed è annoverabile nella categoria delle obbligazioni pecuniarie, aventi ad oggetto una somma di denaro ex art. 1277 del codice civile.

Una volta enunciate tali opportune precisazioni vanno considerati gli altri due elementi essenziali del rapporto giuridico di imposta, strettamente legati al tecnicismo della materia fiscale.

La base imponibile infatti costituisce una grandezza economica espressa in termini quantitativo-monetari, deve risultare coerente con il presupposto impositivo pena l’illegittimità costituzionale della norma ed al suo interno non contempla i valori espressivi del minimo vitale, ossia i mezzi minimi necessariamente finalizzati alla sopravvivenza del contribuente medio.

Infine l’aliquota è definita come la percentuale applicata all’imponibile per calcolare l’imposta lorda che il contribuente sarà tenuto a pagare e nel nostro ordinamento si distinguono le tipologie di aliquota fissa o proporzionate da quella progressiva.

Nella seconda ipotesi profilata si sostiene che un’imposta sia progressiva ove essa aumenti all’accrescere dell’imponibile in maniera più che proporzionale.

Il Legislatore costituente all’art. 53 comma 2 sottolinea che il nostro intero sistema tributario sia informato a criteri di progressività, perseguendo nei casi espressamente consentiti le politiche fiscali ed economiche che meglio esprimono le esigenze corrette di prelievo[74].

4. L’estinzione dell’obbligazione tributaria

A tal punto della disamina è opportuno soffermarsi sulle differenti modalità di estinzione dell’obbligazione tributaria, distinguendo fra le tipologie satisfattorie e non satisfattorie.

Nel primo caso annoveriamo l’adempimento, la compensazione e la confusione, mentre tra le modalità di estinzione non satisfattorie si rinvengono decadenza dell’azione amministrativa di accertamento o liquidazione e la prescrizione del credito.

Viene in considerazione preliminarmente l’istituto dell’adempimento e di norma esso si realizza attraverso il pagamento di una somma di denaro, cd. datio in solutum. Sono tuttavia ritenuti ammissibili alcuni casi in cui l’adempimento si attui mediante la dazione di beni di interesse artistico, storico o archeologico, previa accettazione del creditore.

Per quanto concerne un’ulteriore modalità di estinzione si fa riferimento alla disciplina della compensazione e nel corso degli anni si è ritenuto che la normativa civilistica ex artt. 1241 e ss. c.c. fosse incompatibile con il diritto tributario[75].

Eppure il Legislatore ha esteso il campo di operatività di tale istituto anche all’interno della disciplina fiscale, inizialmente riconoscendola nell’ambito dello stesso tributo, come nelle ipotesi di dichiarazioni IVA successive, determinando il fenomeno della cd. compensazione verticale.

Invece nell’ambito di tributi diversi, annoverabili allo stesso genus, e con enti impositori diversi si è arrivati ad operare una sorta di delegazione di pagamento con successiva compensazione tra i vari enti creditori, configurando la c.d. “compensazione orizzontale.

Infine va menzionata l’introduzione dell’art. 8 all’interno dello Statuto dei diritti del contribuente (L. 212/2000) che ha sancito l’ammissibilità dell’estinzionedell’obbligazione tributaria anche ricorrendo alla compensazione[76], demandandone tuttavia l’attuazione a regolamenti finora non realmente operativi.

Un’ulteriore modalità di estinzione dell’obbligazione tributaria è costituita dalla confusione, che presenta delle similitudini con la disciplina civilistica. Infatti in tale ipotesi le qualità di creditore e del debitore convergono in capo al medesimo soggetto di diritto e l’unico caso in cui ciò si verifica in materia tributaria è quello della devoluzione dell’eredità del contribuente debitore a favore dell’ente impositore ex art. 586 c.c[77].

Relativamente alle modalità non satisfattorie dell’obbligazione tributaria la stessa può altresì estinguersi per intervenuta decadenza dell’azione amministrativa di accertamento o liquidazione, cioè per il mancato esercizio di tipici poteri amministrativi o per prescrizione del credito ormai liquido ed esigibile, ma non azionato esecutivamente nei termini di legge.

Nella prima ipotesi la legge disciplina i termini di decadenza dell’azione di accertamento, diversi per ciascuna imposta considerabile e tali termini operano anche a sfavore del contribuente, ad esempio in relazione al potere di chiedere il rimborso dell’imposta medesima ex art. 38 del d.p.r. 602/19733.

Nel secondo caso invece laddove il credito sia divenuto liquido ed esigibile (normalmente dalla notifica degli atti che lo rendono tale ex art. 2935, c.c.) decorre il termine di relativa prescrizione, che si ritiene essere quello decennale come sancito all’interno della disciplina generale civilistica ex art. 2946 c.c[78].

Si osserva conclusivamente che in virtù del carattere di indisponibilità dell’obbligazione tributaria l’Amministrazione finanziaria non può disporre del suo credito e non risultano pertanto ammesse né la novazione, né la remissione del debito, né la rinuncia preventiva all’applicazione del tributo[79].

Un discorso a parte è quello inerente agli istituti di deflazione tributaria, ove l’Amministrazione può ricorrere a strumenti eterogenei per stabilire il corretto an e quantum dell’obbligazione tributaria attraverso il dialogo con il contribuente volto a stabilire definizioni concordate e/o anticipate[80].

All’interno di tale categoria, per ragioni di completezza, si annoverano il condono fiscale, l’accertamento con adesione, l’autotutela, il reclamo-mediazione e l’autotutela tributaria.

Ab. Ciro Maria Ruocco

Ab. Francesco Paolo Schiavone

Abril 2.021

Ciro Maria Ruocco: Abogado en prácticas en la Orden Profesional de Salerno, ex becario. Art. 73 D.L.69 / 2013 en la Segunda Sección Penal del Tribunal de Salerno y especializándose en la Escuela de Profesiones Jurídicas de la Universidad de Salerno. Autor de algunas publicaciones científicas y monografías (IUS / 01).

Francesco Paolo Schiavone: Experto en derecho procesal fiscal, financiero y fiscal (IUS / 12) en el Departamento de Derecho de la Universidad de Nápoles – «Federico II». Autor de publicaciones y monografías en el ámbito fiscal, abogado en ejercicio en el Colegio de Abogados de Salerno y becario en la Comisión Fiscal Regional de Campania.


* Praticante avvocato presso l’Ordine Professionale di Salerno, tirocinante ex. Art. 73 D.L.69/2013 presso la Seconda Sezione Penale del Tribunale di Salerno e specializzando presso la Scuola delle Professioni legali dell’Università degli Studi di Salerno. Autore di alcune pubblicazioni e monografie di natura scientifica (IUS/01).

 

** Cultore della materia di diritto tributario, finanziario e processuale tributario (IUS/12) presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Napoli – “Federico II.” Autore di pubblicazioni e monografie in ambito fiscale, praticante avvocato presso l’Ordine di Salerno e tirocinante presso la Commissione Tributaria Regionale della Campania.

[1] Su questa definizione: MARCHI A., Le definizioni romane dell’obbligazione, in BIDR 29, 1916, 5 ss.; ALBERTARIO E., Le definizioni dell’obbligazione romana, in Scritti giuridici, III, 1936, 1 ss. (già in Scritti in onore di F. Ramorino, 1927, pp. 391 ss.); SCHERILLO G., Corso di diritto romano. Le obbligazioni (Diritti reali e obbligazioni. Storia e concetto dell’obbligazione), 1937, pp. 149 ss.; ID., Le definizioni romane dell’obbligazione, in St. Grosso, IV, 1971, 97 ss.; BISCARDI A., «Secundum nostrae civitatis iura», in Studi Senesi, LXIII. 1, 1951, pp. 40 ss.; LANTELLA L., Note semantiche sulle definizioni di «obligatio», in St. Grosso IV, 1971, pp. 165 ss.; CANNATA C.A., Le definizioni romane dell’«obligatio». Premesse per uno studio della nozione di obbligazione, in Studi in memoria di G. D’Amelio, I, 1978, pp. 132 ss.; B. ALBANESE, Papiniano e la definizione di ‘obligatio’ in J. 3, 13 pr., in SDHI, 50, 1984, pp. 167 ss. (= Scritti giuridici II, 1991, pp. 1655 ss.); MANCUSO G., A proposito della definizione di «obligatio» (I. 3. 13 pr.), in Panorami 2, 1990, pp. 166 ss.; GUARINO A., ‘Obligatio est iuris vinculum’, in SDHI 66, 2000, pp. 263 ss. (= Iuris vincula. Studi in onore di M. Talamanca, IV, 2001, 343 ss.;  FALCONE G., «Obligatio est iuris vinculum» (Annali del Seminario giuridico Università di Palermo – Sezione Monografie. 2), 2003.

[2] CARINGELLA F., Manuale ragionato di diritto civile, Roma, Dike Giuridica Editrice, 2019, pp. 43-44.

[3] PERLINGIERI P., Il diritto civile nella legalità costituzionale, Tomo II, Terza ed., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2006, pp. 693 ss.; SANTORO PASSARELLI F., Dottrine generali del diritto civile, Napoli, Jovene Editore, 1996, pp. 69 ss.; NATOLI U., Il diritto soggettivo, Milano, Giuffrè, 1943, pp. 15 ss.; IRTI N., Introduzione allo studio del diritto privato, Padova, CEDAM, 1990, pp. 49 ss.; PERLINGIERI P., Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna, Zanichelli, 1988, p. 29.

4] BARASSI L., La teoria generale delle obbligazioni, Milano, Giuffrè, II ed., 1963; GIORGIANNI M., L’obbligazione parte generale delle obbligazioni, Milano, Giuffrè, 1968; BETTI E., Teoria generale delle obbligazioni, Milano, Giuffrè, 1953; SPINELLI M., Le obbligazioni in generale, Bari, Adriatica, 1971; MICCO R., I diritti di credito, I, Torino, UTET, 1971; DI MAJO A., Obbligazione in generale, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna, Zanichelli, 1988; CANNATA C.A. in Trattato Rescigno, Torino, UTET, 1984; nella vigenza del codice precedente CARNELUTTI F., Diritto e processo nella teoria delle obbligazioni, in studi per Chiovenda, Padova, CEDAM, 1927; GIORGI G., Teoria delle obbligazioni, Firenze, Casa Editrice Libraia Fratelli Cammelli, VII ed., 1907.

[5] CIAN G. – TRABUCCHI A., Commentario breve al codice civile, Padova, CEDAM, X ed., 2011, p. 1223.

[6] TRABUCCHI A., Istituzioni di diritto civile, Padova, CEDAM, XXXI ed., 1990, p. 466.

[7] CROME C., Teorie fondamentali delle obbligazioni nel diritto francese, con note di Ascoli A. e Cammeo F., Milano, S.E.L.,1908.

[8] CARINGELLA F. Manuale ragionato di diritto civile, op. cit., p. 45.

[9] In tema di fonti delle obbligazioni v. GIORGIANNI M., Appunti sulle fonti delle obbligazioni, in Rivista di diritto civile, 1965, I; RESCIGNO P., voce Obbligazioni in Enciclopedia del Diritto, Milano, Giuffrè, pp. 149 ss.; GIORGIANNI M., Obbligazione in Novissimo Digesto Italiano, Torino, UTET, 1957-1975, pp. 605 ss.; CARUSI D., Le obbligazioni nascenti dalla legge in Trattato di diritto civile diretto da Pietro Perlingieri, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2005; DI MAJO A., Delle obbligazioni in generale in Commentario Scialoja-Branca, Bologna, Zanichelli, 1988, pp. 173 ss.; RIZZO V., Studi in onore di Davide Messinetti, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2008, pp. 815 ss.; BIANCA C.M., L’obbligazione, Diritto Civile vol.4, Milano, Giuffrè, 1990, pp. 5 ss.

[10] PERLINGIERI P., Il diritto civile nella legalità costituzionale, Tomo II, III ed., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2006, p. 694.

[11] CIAN G., Interesse del creditore e patrimonialità della prestazione, in Rivista di diritto civile, 1968, I; RESCIGNO P., voce Obbligazioni in Enciclopedia del Diritto, Milano, Giuffrè, pp. 180 ss.; CANNATA C.A., in Trattato Rescigno, Torino, UTET, 1984, pp. 11 ss.; ANGELONI F., Contr. impr. 01, pp. 895 ss; Id., in FRANZONI (a cura di) Le obbligazioni, I, L’obbligazione in generale, 1, pp. 40 ss.; BOZZI G., in Trattato di diritto civile diretto da N. LIPARI e P. RESCIGNO, Milano, Giuffrè, 2009, III, I, p. 89.

[12] Cass. Civ. n. 16601/2017.

[13] Art. 23 Cost. “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.

[14] Cass. Civ. n. 1781/2012.

[15] Cass. Civ. n. 12193/2019.

[16] TUCCI G., La risarcibilità del danno da atto lecito nel diritto civile, in Riv. giur. circ. trasp., 1953, pp. 229 ss.; DE CUPIS A., Il danno, Teoria generale della responsabilità civile, vol. I, Milano, Giuffrè, 1980, p. 25.; DUNI G., Lo Stato e la responsabilità patrimoniale, Milano, Giuffrè, 1968, pp. 82 ss.; TUCCI G., La risarcibilità del danno da atto lecito nel diritto civile, op. cit., p. 264; CASETTA E., L’illecito negli enti pubblici, in Memorie dell’istituto giuridico dell’Università di Torino, Torino, Giappichelli, 1953, pp. 49 ss.; BUSNELLI F. D., La lesione del credito da parte di terzi, Milano, Giuffrè, 1964, p. 77.

[17] MOSCATI E., in Rivista di diritto civile, 07, I, pp. 435 ss.; BARGELLI E., in Rivista di diritto civile, 08, I, pp. 87 ss.; D’ONOFRIO P., Del pagamento dell’indebito in Commentario Scialoja-Braca, p. 264.; BRECCIA U., in Trattato di diritto privato diretto da P. RESCIGNO, Torino, UTET, 2008, pp. 932 ss., Id. voce Ripetizione dell’indebito in Enciclopedia Giuridica Treccani.

[18] BIANCA C.M., La responsabilità, Milano, Giuffrè, III ed., 2020; MARSANO B., La nuova giurisprudenza civile commentata, CEDAM, 02, II, pp. 537 ss.; BARBIERA L., L’ingiustificato arricchimento, Napoli, Jovene Editore, 1965, pp. 80 ss.; D’ONOFRIO P., Arricchimento senza causa in Commentario Scialoja-Branca, pp. 584 ss.; SCHLESIGER P., voce Arricchimento in Novissimo Digesto Italiano, Torino, UTET, p. 1007; GALLO P., in Trattato di diritto civile diretto da R. Sacco, Torino, UTET, p. 31.

[19] CARINGELLA F., Manuale ragionato di diritto civile, op. cit., pp. 46-47.

[20] Per tale esemplificazione v. PERLINGIERI P., Profili istituzionali, p. 271.

[21] PERLINGIERI P., Il diritto civile nella legalità costituzionale, Tomo II, III ed., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2006, p. 697.

[22] Queste due categorie vengono affrontate da sterminata dottrina: cfr. GIORGI G., Teoria delle obbligazioni, Firenze, 1900, vol. V, par. 7; DE RUGGIERO R., Istituzioni di diritto civile, terza edizione, vol. II, p. 433; SCUTO C., Riv. dir. civ., 1917, p. 47; BARASSI L., Istituzioni di diritto civile, Milano, 1946, p. 348; valutazioni analoghe sono state proposte in Francia da GOUBLET G., La notion de quasi contrat, classification rationelle des sources d’obligations, Paris, 1904, p. 51; in Germania MAYER MALY T., Das Gesetz als Entstehungsgrund von Obligationen, in Rev.int.dr.ant., 1965, p. 449.

[23] Art. 1140 cod. civ. 1865.

[24] Art. 1153 cod. civ. 1865.

[25] RESCIGNO P., voce Obbligazioni (nozioni), in Enc. dir. XXIX, Milano, 1979.

[26] Art. 1173 c.c.

[27] Sul tema LARENZ K., Lehrbuch des Schuldrechts, I, Allgemeiner Teil, pp. 101 ss.; su questo tema nella dottrina italiana v. DI MAJO A., Delle obbligazioni in generale in Commentario Scialoja-Branca, Bologna, Zanichelli, 1988, pp. 194 ss.; CASTRONOVO C., Studi Mengoni, I, pp. 147 ss. Id. in Enc. Dir. Priv., 09, pp. 679 ss

[28] Sul tema RONGA G., Le varie ipotesi di responsabilità cosiddetta da «contatto sociale», in VIOLA L. (a cura di), La responsabilità civile ed il danno, Vol. 1, Halley Editrice, 2007, p. 90; ROSSI S., Contatto sociale (fonte di obbligazione), in Digesto delle discipline privatistiche, sezione civile, Appendice di aggiornamento V, UTET, Torino, 2010, pp. 346 ss.; GAZZONI F., Obbligazioni e contratti, XVII ed., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2016, pp. 801 ss.

[29] A tal riguardo una pietra miliare è rappresentata da Cass. Civ. n. 589/1999, secondo cui “L’obbligazione del medico dipendente dal servizio sanitario per responsabilità professionale nei confronti del paziente, ancorché non fondata sul contratto, ma sul «contatto sociale» ha natura contrattuale. Consegue che relativamente a tale responsabilità i regimi della ripartizione dell’onere della prova, del grado della colpa e della prescrizione sono quelli tipici delle obbligazioni da contratto d’opera intellettuale professionale”.

[30] Sul tema ex plurimis PUGLIATTI S., Diritto civile, Milano, Giuffrè, 1951, pp. 425 ss.; GIORGIANNI M., Novissimo Digesto, XI ed., p. 529; BIANCA C. M., Diritto civile, 4, l’obbligazione, 1990 p. 51.; RESCIGNO P., Enciclopedia del diritto, XXIX ed, p. 164.

[31] TRABUCCHI A. (a cura di), Istituzioni di Diritto Civile, XLVI, Padova, CEDAM, 2013 p. 706.

[32] GAZZONI F., Obbligazioni e contratti, XVII ed., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2016, p. 560.

[33] Cfr. BRANCA G., voce Promesse unilaterali in Commentario Scialoja-Branca, Bologna, Zanichelli, 1988, pp. 455 ss.; SBISA’ G., voce Promesse al pubblico in Enciclopedia Giuridica Treccani, 2; Id. voce Promesse al pubblico, Digesto IV ed., UTET; Id. in Trattato di Diritto Civile diretto da N. Lipari e P. Rescigno, Giuffrè, I, pp. 626 ss.; MARTORANO F., Rivista di Diritto Commerciale, 54, II, p. 143.

[34] DI MAJO A., Delle obbligazioni in generale, CSB, 1988, p. 91; RESCIGNO P., Enciclopedia del diritto, XXIX ed., p. 138; CIAN G., Rivista di Diritto Civile, 68, I, p. 251.

[35] TRABUCCHI A (a cura di), Istituzioni di Diritto Civile, op. cit., p. 696.

[36] CIAN G., Interesse del creditore e patrimonialità della prestazione in riv. dir. civ., 1968, I, p. 201; CHIANALE A., voce Obbligazione in Digesto, IV ed., pp. 340 ss.; BIANCA C.M., op, cit., pp. 543 ss.

[37] GIORGIANNI M., L’obbligazione, op. cit., p. 38, RESCIGNO P., voce Obbligazione in Enciclopedia del diritto, pp. 180 ss.; CANNATA C.A., in Trattato Rescigno, IX ed., pp. 11 ss.; ANGELONI F., Contratti d’impresa, 01, 895 ss.; Id. in Franzoni Le obbligazioni (a cura di), pp. 40 ss.; BOZZI G., in Trattato di Diritto Civile diretto da N. Lipari e P. Rescigno, Giuffrè, III, p. 89.

[38] ANGELONI F., La patrimonialità della prestazione in contr. impr., 2001, p. 893.

[39] CARINGELLA F., Manuale ragionato di diritto civile, op. cit., pp. 261-262.

[40] Sul tema dell’adempimento ex plurimis NICOLO’ R., in Enciclopedia del Diritto, I, p. 555; GIORGIANNI M., in Novissimo Digesto Italiano, IX, p. 412; RODOTA’ S., in Enciclopedia del Diritto, XII, p. 540; MANZINI V., in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, 78, p. 965; BENATTI, in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, 76, p. 467.

[41] SICCHIERO G., in Contratto e impresa, 02, p. 1380; RODOTA’ S., in Enciclopedia del Diritto, XI, p. 737; PERLINGIERI P., Dei modi di estinzione diversi dall’adempimento, CSB, 1975, p. 90.

[42] CUTRI, Tratto della compensazione, Milano, 1809; PERLINGIERI P., op. cit., p. 257; SCHLESINGER P., in Novissimo Digesto Italiano, III, p. 722; DE LORENZI V., in Digesto delle Disciline Privatistiche, III, p. 65; DAL BOSCO in Rivista di Diritto Civile, 96, I, p. 177; In materia di diritto internazionale così BIGIAVI W., I regolamenti internazionali mediante compensazione (“clearing”), Roma, 1942.

[43] CICU A., L’estinzione dei rapporti giuridici per confusione, Sassari, 1908; FAVERO G., Estinzione dell’obbligazione per confusione, Milano, 1964.

[44] CAGNASSO O., Impossibilità sopravvenuta della prestazione, I, Enciclopedia Giuridica Treccani, XVI.

[45] Sul tema TILOCCA E., La remissione del debito, Padova, 1955; per la differenza rispetto alla generica rinuncia al diritto PERLINGIERI P., Remissione del debito e rinunzia al credito, Napoli, 1967; BENEDETTI, in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, 1962, p. 1295.

[46] MARTORNA M., La novazione in diritto civile italiano, Palermo, 1924; BUCCISANO O., La novazione oggettiva e i contratti estintivi onerosi, Milano, 1968.

[47] MOSCATI E., La disciplina generale delle obligazioni, Torino, Giappichelli, 2015.

[48] BUCCISANO O., voce Novazione, in Enc. Giur., XXI, Roma, 1990, p. 2.

[49] ALLARA M., Contributo alla dottrina della novazione condizionale nel diritto civile italiano, in Riv. dir. civ., XVIII, 1926, 313; Id., La prestazione in luogo di adempimento (‘datio in solutum’), in AUPA, 1928, p. 99;

[50] GAZZONI F., Obbligazioni e contratti, XVII ed., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2016, p. 584.

[51] BIANCA C.M., Diritto Civile, IV, Giuffrè Editore, Milano, 1995 ristampa ed. 2019, pp. 425 ss.

[52] SICCHIERO G., in Digesto delle Discipline Privatistiche, XIII, p. 23.

[53] MOSCATI E., La disciplina generale delle obbligazioni, op. cit.

[54] CARINGELLA F., Manuale ragionato di diritto civile, op. cit., pp. 263-264.

[55] FANTOZZI A., Diritto Tributario, Torino, 1998, pp. 2-3.

[56] CASSESE S., Le basi del diritto amministrativo, Milano, 2000, p. 4.

[57] GIANNINI A.D., Il rapporto giuridico di imposta, Milano, 1937, pp. 1-2.

[58] TESORO G., Principi di diritto tributario, Bari, 1938, pp. 10-12.

[59] GALLO V., Le ragioni del fisco, Bologna, 2008, p. 38, ove l’Autore definisce l’interesse fiscale come principio generale volto al compimento della riscossione dei tributi nel rispetto della normativa costituzionale e delle garanzie attribuite al contribuente con espressa previsione di legge.

[60] Sul tema ex plurimis CIPOLLINA S., I confini giuridici nel tempo presente. Il caso del diritto fiscale, Milano, 2003; DEL FEDERICO L., Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea. Contributo allo studio della prospettiva italiana, Pescara, ed. provv., 2003; DE MITA E., Principi di diritto tributario, Milano, 2007; FALSITTA G., Manuale di diritto tributario. Parte Generale, Padova, 2003; FALSITTA G., Per un fisco civile, Milano, 1996; FALZEA A., Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica. I. Teoria generale del diritto, Milano, 1999; GALLO F., Le ragioni del fisco. Etica e giustizia nella tassazione, Bologna, 2007; LA ROSA S., Principi di diritto tributario, Torino, 2006.

[61] POLLARI N., Elementi di diritto tributario. Teoria generale e sistema tributario italiano, Roma, 2004, pp. 21-22.

[62] MELIS G., L’interpretazione nel diritto tributario, Padova, 2003; CIPOLLINA S., La riserva di legge in materia fiscale nell’evoluzione della giurisprudenza costituzionale, 163, in PERRONE L. e BERLIRI C., Diritto tributario e Corte Costituzionale, Napoli, 2006; COCIANI S.F., Attualità o declino del principio della capacità contributiva?, in Riv. Dir. Trib., 2004, 823.

[63] TESAURO F., Istituzioni di diritto tributario. Parte generale, Roma, 2012; MARONGIU G., Lezioni di diritto tributario, Torino, 2012;

[64] BOBBIO N., Teoria generale del diritto, Torino, 1993, pp. 257-259. MASSA PINTO I., La discrezionalità politica del legislatore tra tutela costituzionale del contenuto essenziale e tutela ordinaria caso per caso dei diritti nella più recente giurisprudenza della Corte costituzionale, in Giur. cost., 1998, p. 1309; MAZZAROLLI L.A., Il giudice delle leggi tra predeterminazione costituzionale e creatività, Padova, 2000; MAZZIOTTI DI CELSO M., Lezioni di diritto costituzionale, parte I, Milano, 1993.

[65] GIANNINI M.S., Le obbligazioni pubbliche, Roma, 1964; GIANNINI A.D., Rapporti tributari, 273, in CALAMANDREI P. E LEVI A. (diretto da), Commentario sistematico alla Costituzione italiana, I, Firenze, 1950; GIANNINI A.D., Il rapporto giuridico d’imposta, Milano, 1937; GIANNINI M.S., I proventi degli enti pubblici e la riserva di legge, in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin., I, 1957; GIANNINI M.S., Le obbligazioni pubbliche, Roma, 1964; GIANNINI M.S., Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, Bologna, 1986; GIARDINA E., Le basi teoriche del principio della capacità contributiva, Milano, 1961.

[66] MICHELI G.A., Corso di diritto tributario, Torino, 1998.

[67] FERLAZZO NATOLI L., Contenzioso tributario. I nuovi istituti per prevenire ed estinguere le liti, in Corriere Tributario, inserto n. 32.

[68] BATISTONI FERRARA F., voce Obbligazione tributaria, in Dig. Disc. Priv., sez. comm., vol. X, Torino, 1994.

[69] AMATUCCI F., Principi e nozioni di diritto tributario. Quarta edizione, Torino, 2018, pp. 104-105.

[70] Sul delicato tema relativo al ruolo della potenzialità economica senza pretesa di esaustività si rinvia a MANZONI I., Il principio della capacità contributiva nell’ordinamento costituzionale italiano, Torino, 1965; VANZ G. Il diritto tributario. Profili teorici e sistematici, Torino, 2008; MARELLO E., Art. 53, in Commentario alla Costituzione, di BIN R., BARTOLE S., Padova, 2008; MARONGIU G., I fondamenti costituzionali dell’imposizione tributaria. Profili storici e giuridici, Torino, 1995; MARTINES T., RUGGERI A., SALAZAR C., in Lineamenti di diritto regionale, Appendice di aggiornamento, Il federalismo fiscale, secondo la legge 42 del 2009, 2009; MARZANATI A., La fraternità intergenerazionale: lo sviluppo sostenibile, in La fraternità come principio del diritto pubblico, Città Nuova, Roma, 2007; MASSA PINTO I., La sentenza della Corte costituzionale n. 10 del 2015 tra irragionevolezza come conflitto logico interno alla legge e irragionevolezza come eccessivo sacrificio di un principio costituzionale: ancora un caso di ipergiurisdizionalismo costituzionale, in Costituzionalismo.it, n. 1/2015.

[71] Tali principi trovano come riferimento normativo gli artt. 97 Cost. ed art. 10 dello Statuto dei diritti del contribuente (L. 212/2000).

[72] Cass. sentenza 11 maggio n. 7344/2002.

73] FALSITTA G., Manuale di diritto tributario, Padova, 1995.

[74] Cfr. GALLO F., Welfare e riforma dell’imposta personale, in Rass. Trib., 2001, pp. 11-12; FALSITTA G., Giustizia tributaria e tirannia fiscale, cit., pp. 267 e 380; MARONGIU G., La crisi del principio di capacità contributiva nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in Dir. prat. trib., 1999, I, p. 1773; MARELLO E., Sui limiti costituzionali dell’imposizione patrimoniale, in Giur. it., 1997, I, p. 477; POGGIOLI M., Indicatori di forza economica, cit., p. 22; ANTONINI L., Dovere tributario, interesse fiscale e doveri costituzionali, Milano, 1996, p. 299; SCHIAVOLIN R., La tassazione della capacità economica disponibile e l’indeducibilità di Ici ed Irap dal reddito, in AA.VV., Per un ordinamento tributario non confiscatorio e non rinunciatario, 2012.

[75] FREGNI M.C., Obbligazione tributaria e codice civile, Torino, 1998, p. 482.

[76] THEODOSSIOU L., La compensazione nello Statuto dei diritti del contribuente, Catania, 2006; MAZZONE, Gli accordi di compensazione. Bari, 1936-XIV, 48 ss.; MENDEGRIS R., La nature juridique de la compensation, Paris,1969; MENEGAZZI MUNARI F., Lezioni di Diritto internazionale e dell’ Unione europea, ed. Giuridiche Simone, 2002; MERLIN E., Compensazione e processo (Il giudicato e l’oggetto del giudizio), Giuffrè Ed., Milano, 1994.MICHELI G. A., Compensazione legale e pignoramento in “Studi in onore di Redenti E.” vol. II, Milano, 1951; DEOTTO D., MIELE L., Compensazione di tributi e contributi, in Corriere tributario n. 22/ 1998, pag. 1652 e segg; DEPURO, La delegificazione, Foro it., 1989, V, c. 360; FEDELE A., L’art. 8 dello Statuto dei diritti del contribuente in Rivista di Diritto Tributario fasc. 10 del 2001, pag. 883 e segg.

[77] TRIVELLIN M., Il principio di collaborazione e buona fede nel rapporto Tributario, Milano, 2008.

[78] Cass. sentenza n. 24322/2014.

[79] Cass. sentenza n. 27045/2007.

[80] AMATUCCI F., op. cit., pp. 218-219.